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Maschile Plurale: uomini che amano le donne

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Si potrebbe dire che il 25 novembre è il nuovo (triste) 8 marzo, Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, emergenza di fine-patriarcato. L’animale morente che batte distruttivamente la sua coda.

Una stramobilitazione planetaria, sia pure con alcuni discutibili aspetti di kermesse, che mette definitivamente a fuoco l’emergenza sociale, umanitaria e anche economica (secondo la ricerca “Quanto Costa il silenzio”, realizzata da Intervita in collaborazione con il Corriere della Sera, In Italia la violenza costa 17 milioni l’anno, più o meno il corrispettivo di 3 finanziarie )e che indica un profondo mutamento di sensibilità sul tema delle relazioni tra i sessi, finalmente raggiunte dalla “buona notizia” della libertà femminile.

Notizia buona non soltanto per le donne ma anche per tutti quegli uomini, e sono sempre di più, che nella crisi del patriarcato vedono un’occasione sia pure faticosa di maggiore libertà per loro stessi: libertà dalla costrizione dei ruoli, dal prometeismo obbligatorio, dalla necessità del dominio, da una sessualità aggressiva e di scarica, dall’impermeabilità emotiva, dalla brutalità dei codici d’onore e da tutti quegli aspetti della cultura maschile che nella violenza sulle donne trovano conferma e suggello.

Secondo i pionieri di “Maschile Plurale”, che da decenni si incontrano “da-uomo-a-uomo” per riflettere su se stessi e sulle relazioni con le donne, si tratta di fuoruscire dalla logica securitaria ed emergenziale che ha informato, tra l’altro, il recente decreto anti-femminicidio, per saper leggere nella violenza sulle donne un tratto costitutivo e fondativo della cultura maschile. E di passare da un’idea della violenza come “disordine” al riconoscimento della sua funzione ordinativa e confermativa del simbolico patriarcale.

La libertà dalla violenza verrà solo da una nuova libera soggettività maschile, dai nuovi desideri di uomini liberati dalle protesi del dominio e capaci di diverse relazioni con le donne.

Il sociologo Marco Deriu, tra i fondatori di “Maschile Plurale”, ha recentemente chiamato all’Università di Parma docenti di varie discipline, operatrici e operatori, esperte/i e addette/i ai lavori a confrontarsi nel convegno “Disonorare la violenza- Le radici culturali della violenza maschile” (qui un ampio resoconto della ricca due giorni di seminario).

Dice Per Isdal, psicologo norvegese che da quasi in trentennio lavora sugli autori di stupri, stalking e femminicidi, che “già parlare di violenza aiuta a non essere violenti”. Il lavoro tra-uomini è un passaggio decisivo di questa lotta per un cambio di civiltà. E sta coinvolgendo una platea maschile sempre più ampia: recentemente 13 attori –Giulio Scarpati, Luca Ward, Marco Giallini, Claudio Santamaria e altri- testimonial della campagna di Intervita “Servono altri uomini”, segno distintivo un braccialetto arancione.

Se siamo arrivate/i qui è grazie al lavoro instancabile di tutte quelle donne che da molto tempo e lontano dai riflettori lavorano con amore e competenza nei centri e nella Case delle donne maltrattate. Ma anche ai quei pionieri che con coraggio e dolore per primi hanno saputo dire “I care”, “mi riguarda”.

p.s.: per chi fosse interessato ad approfondire, da una decina di giorni è in libreria AAVV “Il lato oscuro degli uomini. La violenza maschile contro le donne: modelli culturali di intervento”. 


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